Albertosaurus sp.

Phylum: Chordata Haeckel, 1874
Subphylum: Vertebrata Cuvier, 1812
Classe: Dinosauria Owen, 1841
Ordine: Saurischia Seeley, 1887
Famiglia: Tyrannosauridae Osborn, 1906
Genere: Albertosaurus Osborn, 1905
Descrizione
L’Albertosaurus venne nominato da Henry Fairfield Osborn in una nota di una pagina alla fine della sua descrizione di Tyrannosaurus, nel 1905. Il nome del genere Albertosaurus prende il nome dall'Alberta, la provincia canadese istituita lo stesso anno in cui furono rinvenuti i primi resti. Il nome generico incorpora anche la parola greca sauros che significa "lucertola", che è il suffisso più comune nei nomi dei dinosauri. La specie tipo è l’Albertosaurus sarcophagus, e il nome specifico sarcophagus deriva dal termine greco antico sarkophagos che significa "mangiatore di carne", e ha la stessa etimologia del contenitore funebre con cui condivide il nome, che è una combinazione delle parole greche sarx ossia "carne", e phagein ossia "mangiare". Dalla sua scoperta originale sono stati scoperti più di 30 esemplari fossili di tutte le età. Albertosaurus era un predatore bipede di grandi dimensioni, sebbene non raggiungesse le dimensioni di tirannosauridi giganti come il Tarbosaurus e il Tyrannosaurus. Un esemplare adulto di Albertosaurus in media poteva raggiungere fino ai 8-9 metri di lunghezza per un peso compreso tra le 1,7 e le 2,5 tonnellate in massa corporea. La corporatura dell'animale era molto simile a quella di altri tirannosauridi snelli, come il Gorgosaurus. Tipico dei teropodi, l’Albertosaurus era bipede e bilanciava la grossa testa e il busto con la coda. Tuttavia, come in altri tirannosauridi, gli arti anteriori erano molto ridotti in relazione alle dimensioni corporee e presentavano solo due dita artigliate funzionali, il secondo più lungo del primo. Gli arti posteriori erano lunghi e terminavano in un piede a quattro dita, il cui primo dito, l'alluce, era molto corto e non toccava terra. Il terzo dito era più lungo degli altri. Albertosaurus potrebbe essere stato in grado di raggiungere una velocità di camminata di 14-21 km/orari, ed è possibile che almeno gli individui più giovani, potessero raggiungere una velocità più elevata in corsa. Sono note due impronte della pelle di Albertosaurus ed entrambe mostrano la presenza di squame. Una due impronte è stata rinvenuta associata ad alcune costole gastraliche e all'impronta di un osso lungo non identificabile, indicando che l'impronta della pelle proviene dal ventre. Le squame sono ciottolose e diventano gradualmente più grandi e di forma esagonale. Sono conservate anche due squame più grandi, poste a 4,5 centimetri di distanza l'una dall'altra, rendendo l’Albertosaurus, insieme al Carnotaurus, gli unici teropodi conosciuti a mostrare impronte di pelle estese. L'altra impronta cutanea proviene da una parte sconosciuta del corpo. Le squame presenti nella seconda impronta sono piccole a forma di diamante e disposte in file. Cranio e denti: il massiccio cranio dell’Albertosaurus era sostenuto da un corto collo muscoloso, mantenuto ad S. Il cranio era lungo circa 1 metro negli adulti più grandi. Ampie aperture nel cranio, chiamate finestre, fornivano lo spazio per i siti d'attacco dei muscoli e gli organi sensoriali che ne riducevano il peso complessivo. Le sue lunghe mascelle contenevano in totale 58 o più denti a forma di banana, un numero che si avvicina a Gorgosaurus, che ne aveva 62, ma che differisce dai tyrannosauridi più grandi che ne possedevano di meno. A differenza della maggior parte dei teropodi, l’Albertosaurus e altri tyrannosauridi erano eterodonti, con denti di forme diverse a seconda della loro posizione nelle fauci. I denti premascellari sulla punta della mascella, quattro per lato, erano molto più piccoli e ravvicinati e a forma di D in sezione trasversale. Come nel caso del Tyrannosaurus, i denti mascellari erano adatti in forma generale per resistere alle forze laterali esercitate da una preda che si dimena. Tuttavia, La forza del morso dell’Albertosaurus non formidabile come quella del Tyrannosaurus, con la forza massima, esercitata dai denti posteriori, che poteva raggiungere i 3.413 Newton. Sopra gli occhi erano presenti delle corte creste ossee, che in vita potrebbero essere state colorate e forse usate, in particolare dai maschi, nel corteggiamento per attirare una compagna. Nel 2001, William Abler osservò che le dentellature dei denti dell’Albertosaurus assomigliano a una frattura del dente che termina con una rientranza rotonda, chiamata ampolla. I denti dei tirannosauridi venivano usati come punti di presa per staccare la carne dal corpo della preda, quindi quando un tirannosauro tirava indietro un pezzo di carne, la tensione poteva causare la diffusione di una seghettatura simile a una frattura attraverso il dente. Tuttavia, la presenza dell'ampolla distribuiva queste forze su una superficie più ampia e diminuiva il rischio di danni al dente sotto sforzo. La presenza di incisioni che terminano in rientranze ha paralleli nell'ingegneria umana. I liutai utilizzano incisioni che terminano con delle rientranze per, come descrive Abler, "impartire regioni alternate di flessibilità e rigidità" al legno su cui lavorano. L'uso di un trapano per creare una sorta di "ampolla" e prevenire la propagazione di crepe attraverso i materiali viene utilizzato anche per proteggere le superfici degli aerei. Abler ha dimostrato che una barra di plexiglass con incisioni chiamate "kerfs" e fori praticati era più del 25% più resistente di una con sole incisioni posizionate regolarmente. A differenza dei tirannosauri, predatori più antichi, come i fitosauri e il Dimetrodon, non avevano adattamenti per impedire che le seghettature simili a fratture dei loro denti si diffondessero quando sottoposti a queste forze durante l'alimentazione. Classificazione: l’Albertosaurus è un membro della famiglia Tyrannosauridae, in particolare della sottofamiglia Albertosaurinae. Il suo parente più prossimo è Gorgosaurus libratus risalente a strati geologici leggermente più vecchi (a volte sinonimizzato come Albertosaurus libratus). Queste due specie sono gli unici albertosaurini descritti, ma potrebbero esistere altre specie ancora non descritte.[6] Nel 2004, Thomas Holtz identificò Appalachiosaurus come un albertosaurino, ma il suo studio inedito più recente lo colloca come un eotyrannosauro basale appena fuori da Tyrannosauridae, in accordo con altri autori. L'altra principale sottofamiglia di tyrannosauridi è Tyrannosaurinae, che comprende membri come Daspletosaurus, Tarbosaurus e Tyrannosaurus. Rispetto ai tyrannosaurini più robusti, gli albertosaurini avevano una corporatura più snella, con crani proporzionalmente più piccoli e ossa più lunghe della parte inferiore delle gambe (tibia) e dei piedi (metatarsi e falangi).
Diffusione
Genere estinto di grande dinosauro teropode tyrannosauride vissuto nel Cretaceo superiore, circa 71-68 milioni di anni fa (Maastrichtiano), in quello che oggi è il Nord America nordoccidentale. Il genere contiene una singola specie, la specie tipo A. sarcophagus, la quale aveva un areale apparentemente ristretto all'odierna provincia canadese dell'Alberta, da cui prende il nome il genere, sebbene una specie indeterminata sia stata scoperta nelle formazioni Corral de Enmedio e Packard, in Messico.
Bibliografia
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Data: 01/01/1995
Emissione: Fauna preistorica - Singapore 95 Stato: Easdale Island Nota: Emesso in un foglietto di 4 v. diversi |
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